Raffaele, grazie per essere qui. In questo momento tragico per l’umanità, ho estremo bisogno di interrogarti come esperto di politica internazionale e come persona attenta da sempre alla tutela dei diritti umani.
Ci siamo conosciuti in occasione del nostro “Festival del Cinema” dei Diritti Umani di Cosenza, che organizzammo a favore dell’Associazione Stella Cometa odv nel 2022.
Da quel momento non ho mai smesso di seguire quello che scrivi. Il tuo monitoraggio di ciò che accade nel mondo, anche con L’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo che presiedi, è una luce che ci tiene attenti e vivi e che ci aiuta a non distrarci.

I fronti internazionali aperti sono molti, ma le questioni di Gaza e dell’Ucraina mi sembrano le più grosse violazioni al diritto internazionale e al diritto umanitario mai viste prima. Almeno non dopo il 45. Cosa sta accadendo Raffaele?
Sì, è vero: il diritto umanitario è stato semplicemente sepolto prima in Ucraina e poi a Gaza. Quello che accade è che siamo tornati indietro di due secoli. In guerra, oggi, il più forte sembra avere di nuovo il diritto di fare ciò che vuole, di negare ogni pur minima garanzia di sopravvivenza ai civili. L’impressione è che l’Ucraina, ma soprattutto Gaza, siano due laboratori per le guerre del futuro, luoghi dove verrà impedito alle organizzazioni umanitarie – per loro natura “terze alla guerra”, cioè neutrali – di poter intervenire per aiutare la popolazione. Siamo nuovamente senza regole e in questa nuova assenza, a morire definitivamente è l’Onu, che ha smesso di avere ruolo di mediazione e di intervento umanitario. Un disastro che piace certamente agli Stati Uniti di Donald Trump e non dispiace a Russia, Cina e altre potenze regionali.
Parliamo più specificamente di Gaza
Gaza oggi si racconta con i numeri: sono morti, dall’ottobre del 2023, 27 bambini al giorno. E continuano a morire. Attorno al problema, se fossimo in un Mondo normale, dovremmo discutere in termini di emergenza umanitaria, cercando una soluzione. Invece, abbiamo chi – anche in Italia – spiega che “i bambini di gaza vengono usati da Hamas come carne da macello per sensibilizzare l’opinione pubblica”. Chi scrive o pensa una cosa del genere ha evidentemente seri problemi psicologici. Oppure, abbiamo chi cerca ragioni storico-politiche per giustificare quanto avviene, dimenticando che, semplicemente, Gaza non è terra israeliana. Insomma, si cercano alibi per non trovare soluzioni che costringano Israele a cambiare atteggiamento e a smetterla di massacrare un intero popolo. Il problema, a Gaza, non è più politico: è umano.
Cosa può fare la società civile? Cosa può fare una organizzazione come la nostra?
La società civile deve continuare a fare rumore e deve trasformare la propria indignazione in azione politica. Essere indignati va bene, ma se ci si ferma lì, serve solo a pulire la nostra coscienza. In un Paese democratico come il nostro, la piazza serve per far capire a chi governa che serve fare qualcosa, cambiare rotta e rompere lo schema di impunità entro cui si muove Israele. Dobbiamo smetterla di pensarci “inutili” e smetterla di sentirci incapaci.

Sei un grande esperto di politica internazionale e come dicevo Direttore di “l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti”. Puoi parlarci di questo progetto? Dell’Atlante e di come state affrontando questo periodo?
L’Atlante è un progetto d’informazione nato nel 2008. E’ un progetto “dal basso”, nel senso che non abbiamo un editore, ma siamo noi gli editori e proprietari della testata. L’asse portante è l’annuario, pubblicato ogni anno per raccontare lo stato di salute del Pianeta. poi, c’è il sito quotidiano e c’è il grande lavoro nelle scuole e negli incontri in teatro. Abbiamo un calendario fitto, di circa 130 incontri l’anno. raccontiamo le guerre per far capire che non sono lo strumento per risolvere le cose. Siamo risolutamente contro la guerra e lo spieghiamo viaggiando molto, raccogliendo dati e usando la geografia come strumento per capire. Facciamo informazione, usando anche molto la fotografia

Come Frame for Life, rappresentando I fotografi che si occupano di diritti umani, di cause sociali e di fotografia di sensibilizzazione, non posso non citare il tuo progetto WARS. Ce lo puoi raccontare qui in breve?
Proprio perché amiamo la fotografia come “strumento d’informazione” abbiamo creato WARS nel 2019, insieme a Fabio Bucciarelli che è il nostro “direttore artistico”. E’ un concorso fotografico internazionale, che vuole raccontare le ragioni della guerra attraverso il lavoro delle fotografe e dei fotografi del Mondo. L’idea è piaciuta: nelle tre edizioni sin qui realizzate, abbiamo avuto la partecipazione di circa 140 fotografi ad edizione, per più o meno 110 Paesi diversi. Il concorso è dedicato ai reportage, non alle singole foto e quindi ogni racconto è complesso e completo. abbiamo avuto davvero i migliori del Mondo a partecipare e ora stiamo lavorando ad una grande mostra, che aprirà a dicembre a Trento, per raccontare la storia del contest. Per quell’occasione, stiamo lanciando la quarta edizione.
Cosa possono fare secondo te i fotografi e i videomaker, di fronte a questo momento di difficoltà in cui la loro stessa libertà d’azione è limitata? A Gaza i colleghi delle organizzazioni umanitarie e i reporter vengono uccisi e minacciati insieme ai palestinesi: dove stiamo andando a finire secondo te?
Quello che devono e dobbiamo fare è insistere nel raccontare le cose come stanno. Negli ultimi decenni è diventato sempre più difficile, si lavora esclusivamente se accreditati da una delle parti in guerra. Questo limita il racconto, sempre, ma ci sono colleghi che passano mesi su un progetto e riescono a rompere questo schema e a raccontare quello che il potere – quello vero, quello del sistema – non vuole si veda. Ecco, se come operatori dobbiamo insistere, come cittadini dobbiamo lavorare per sostenere e proteggere chi è sul campo. Non dobbiamo lasciarli soli. Quello che sta accadendo a Gaza è agghiacciante. Un assassinio di massa di giornalisti e reporter mirato ad ottenere il silenzio. Chi lo ha compiuto, il governo che lo ha ordinato, è un criminale vero, esattamente come un capo camorrista o un nazista. Non può, non deve passarla liscia.
Per approfondire vai su: https://www.atlanteguerre.it

Intervista a cura di Silvia Superbi, presidente di Frame for Life ETS